La psicoterapia Gestalt
Psicoterapia Gestalt – testo wikipedia, video Dott. Paolo Baiocchi
La psicoterapia Gestalt (dove la parola tedesca Gestalt significa forma, schema, rappresentazione), detta anche psicologia della forma, è una corrente psicologica riguardante la percezione e l’esperienza che nacque e si sviluppò agli inizi del XX secolo in Germania (nel periodo tra gli anni ’10 e gli anni ’30), per poi proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi principali esponenti si erano trasferiti nel periodo delle persecuzioni naziste.
Storia
La parola Gestalt fu usata per la prima volta, come termine tecnico, da Ernst Mach[1]; in seguito Edmund Husserl[2] e Christian von Ehrenfels[3] ripresero il termine da Mach nelle loro teorie psicologiche a fondamento filosofico.
Fondatori della psicologia della Gestalt sono di solito considerati Kurt Koffka, Wolfgang Köhler e Max Wertheimer che sono stati certamente i principali promotori e teorizzatori scientifici di questa corrente di ricerca in Psicologia. I loro studi psicologici si focalizzarono soprattutto sugli aspetti percettivi e del ragionamento/problem-solving. La Gestalt contribuì a sviluppare le indagini sull’apprendimento, sulla memoria, sul pensiero, sulla psicologia sociale.[4]
L’idea portante dei fondatori della psicologia della Gestalt, che il tutto fosse diverso dalla somma delle singole parti, in qualche modo si opponeva al modello dello strutturalismo, diffusosi dalla fine dell’Ottocento, ed ai suoi principi fondamentali, quali l’elementarismo.
Le teorie della Gestalt, si rivelarono altamente innovative, in quanto rintracciarono le basi del comportamento, nel modo in cui viene percepita la realtà, anziché per quella che è realmente; quindi il primo pilastro della teoria della Gestalt fu costruito sullo studio dei processi percettivi e in una percezione immediata del mondo fenomenico.[5]
Il modello teorico della Gestalt riguardante il pensiero si oppose a quello comportamentista, secondo il quale gli animali risolvevano le problematiche con un criterio costituito da tentativi ed errori, proponendo invece un criterio di spiegazione formato dal pensiero, dalla comprensione e dalla intuizione.
Anche nel settore della psicologia sociale le teorie della Gestalt entrarono in conflitto con quelle comportamentiste, che prevedevano di spiegare il comportamento sociale solo in base alle gratificazioni sociali, quali l’elogio e l’approvazione, e proposero invece la teoria dell’attribuzione che metteva in risalto le sensazioni, le percezioni, gli obiettivi, le intenzioni, le convinzioni, le motivazioni e le credenze.[4]
Successivamente, importanti studi furono condotti da Lewin con la teoria del campo e Goldstein con una teoria della personalità secondo la quale l’intero organismo partecipa al comportamento.
In seguito a partire dagli anni ’60, la Gestalt soffrì per alcuni decenni della sua difficoltà a misurarsi con l’avanzato metodo sperimentale e gli approcci psicometrici utilizzabili dal nascente movimento cognitivista, ed il suo modello di teoria della mente si dimostrò meno euristico di quello del cognitivismo in tutti i settori che non fossero legati alla psicologia della percezione. Solo in quest’ultimo ambito, per via di alcune difficoltà a spiegare alcuni fenomeni percettivi in un’ottica strettamente cognitivista, la Gestalt ha recuperato un limitato interesse alla fine del XX secolo. Interessante appare infatti l’attenzione agli aspetti fenomenici della percezione, che il cognitivismo ha in parte trascurato nel suo programma di ricerca. Anche se teorie sui campi elettrici del cervello hanno perso, col passare degli anni, la considerazione da parte dei fisiologi.
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