Nei rapporti di coppia si attraversano diverse fasi, da principio vi è l’idealizzazione, dove l’altro viene visto senza difetti, il partner perfetto, poi con la conoscenza più approfondita avviene la disillusione, il comprendere che la perfezione era solo nella nostra testa, infine vi è la rabbia e la rassegnazione.
Diventare genitori
Diventare gentori è qualcosa che modifica profondamente le singole personalità della coppia, coppia che diventa famiglia e che dovrà sviluppare la capacità di occuparsi e preoccuparsi del benessere del nuovo arrivato.
La coppia dovrà modificare il suo equilibrio, permettendo alla genitorialità, che si costituisce sia dai genitori sia delle caratteristiche del figlio, di stabilizzarsi. In tal modo l’essere padre o madre non sono mai un prodotto individuale, ma l’espressione dell’interazione che si evolve e si modifica nel tempo determinando mutamenti interni ed esterni.
Se nell’innamoramento ad essere centrale nella coppia è “l’essere con l’altro” ora è “il bambino” a diventare centrale.
Il passaggio dalla relazione a due ad una relazione a tre comporta una serie di profonde modificazioni ed elaborazioni nell’universo emotivo della coppia. Si assiste ad una redistribuzione delle energie (come nel caso di Mauro e Stefania) a favore di un processo che possa includere i bisogni corporei, affettivi, emotivi, cognitivi e sociali del bambino.
Il figlio nella coppia può rappresentare “l’altro da sé”, il diverso, l’imprevedibile, che come tale può essere accettato o rifiutato.
In questa situazione aperta ai cambiamenti la coppia sarà capace di accettare il bambino come componente della famiglia?
I padri dal canto loro si sentono esclusi da questa relazione madre-bambino, cercando di capire come entrare a farne parte. Spesso sono loro a dover affrontare (praticamente) la nuova situazione economica che all’inizio può essere percepita come molto pesante. L’uomo che diventa padre spesso fatica a chiedere le attenzioni “ritirandosi” nelle preoccupazioni.
In questo clima frenetico tutto diventa più faticoso, possono nascere rancori e preoccupazioni che non trovano uno sfogo.
A volte a causa della stanchezza, della routine che diventa molto frenetica, dell’attenzione che si sposta completamente sul bambino, si perde la voglia di “impiegare energie” su se stessi e sul partner. In questi casi chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta può agevolare i partner nel ritrovare l’armonia, costruendo un nuovo equilibrio, una nuova immagine della famiglia che includa la genitorialità.
Con l’aiuto di un esperto si potrà lavorare sulla comunicazione volta alla risoluzione della conflittualità. In questo modo ad ogni partner sarà possibile avere maggiori informazioni sull’altro e su come egli stesso è percepito dal compagno. Gli scambi comunicativi spesso possono contraddire le proprie aspettative, facendo emergere l’urgenza di un cambiamento nel comportamento per adattarsi alla nuova situazione.
L’attenzione si potrà concentrare sullo spazio creativo della coppia, spazio che permette di rintracciare soluzioni nuove per la situazione vissuta.
La terapia stessa diventa un momento d’incontro, un momento intimo che non include il terzo (bambino) e permette di rientrare in quella situazione a due, momento esclusivo della coppia.
Per affrontare questi cambiamenti evolutivi infatti è molto importante non perdere di vista il fatto che:
E’ la coppia a fondare la famiglia e se si perde di vista questo anche i figli (seppur piccoli) potranno risentire del clima non sereno. Piccole attenzioni, comunicazione, creare momenti di coppia esclusivi, cercare di sostenere l’altro sono tutti ingredienti che ben possono proteggere ed aiutare nel superamento di un momento di cambiamento.
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Gestione dei figli in caso di separazione
La parola “separazione” apre la riflessione su vari livelli di pensiero:
- da una parte si sta evidentemente parlando della disunione di due persone che decidono di non stare più insieme, e
- dall’altra viene implicata la necessità di una ridefinizione di determinati criteri familiari.
Nel caso ci siano figli minorenni, in particolare, la separazione coniugale comporta modalità di relazioni non più libere, ma (soprattutto per i primi tempi) rigidamente regolate da decisioni prese dagli avvocati e/o emesse da un organo esterno, cioè il Tribunale. Solo con il tempo, e nel caso di ex coniugi in grado di elaborare realmente la loro separazione, questa inflessibilità può essere superata, a tutto vantaggio del rapporto tra genitori e figli.
La separazione è indubbiamente un evento critico e doloroso da affrontare, ma per i figli in tantissimi casi è molto più difficile fare fronte al periodo che precede il trasferimento di uno dei coniugi, caratterizzato da un conflitto distruttivo più o meno esplicito tra i genitori che vivono ancora sotto lo stesso tetto. Spesso gli adulti faticano a comprendere questa situazione, e si sforzano invece di continuare a vivere insieme “per il bene dei bambini”, senza interrogarsi francamente su cosa significhi per i minori questa affermazione. I figli, infatti, vengono spesso inconsapevolmente coinvolti dai genitori nel dirimere i loro conflitti, si auto-investono del ruolo di mediatori, o di messaggeri, o ancora si occupano di questioni che evidentemente non possono riguardarli .
In queste progressive fasi di trasformazione della famiglia, la comunicazione ai figli della decisione di separarsi rappresenta spesso il compito più difficile da affrontare per i genitori.
- Da una parte, infatti, si trovano emotivamente molto coinvolti dalla delusione per il fallimento del proprio rapporto di coppia,
- Dall’altra possono provare sensi di colpa nei confronti dei figli, e difendersene evitando di affrontare la faccenda in modo diretto.
Alcuni preferiscono tenere la cosa per sé, non rendendo partecipi i minori, non capendo che la mancanza di comunicazione può essere deleteria per un figlio, che accorgendosi che qualcosa non va, non farà altro che cercare delle spiegazioni logiche utilizzando la propria fantasia, e quindi spesso colpevolizzandosi ingiustamente.
Inoltre, il coinvolgere il figlio come interlocutore evita il rischio che venga utilizzato come “oggetto” da rivendicare all’interno del conflitto, come fosse una sorta di merce di scambio… bisogna però evidenziare come il termine “interlocutore” non significhi rivolgersi al minore come fosse una valvola di sfogo, una persona a cui confidare le proprie sofferenze, magari rovesciandogli anche addosso tutti i presunti difetti dell’altro coniuge. È necessario piuttosto mantenere sempre ben chiaro il pensiero che qualunque cosa succeda tra i coniugi, l’immagine che ha il figlio di ciascuno possa rimanere il più possibile preservata da attacchi e rivendicazioni.
Il dolore provato da un figlio di fronte alla separazione dei genitori c’è in ogni caso, va affrontato, e non può essere smaltito tanto facilmente: tuttavia, spesso anche per l’incapacità dei genitori di accogliere la sofferenza dei figli – perché troppo concentrati sulla propria -, molti ragazzini imparano in fretta a mascherare le proprie emozioni, di fatto negando la propria sofferenza, allontanandola, e trovandosi a poter avere persino paura di rimanere da soli con se stessi, per non doversi confrontare con l’inevitabile senso di vuoto.
Il grande turbamento emotivo e psicologico dei genitori può portare a due scenari opposti, che rappresentano due estremi:
- possono arrivare a non avere più a disposizione energie, capacità e desiderio di prendersi cura dei figli, finendo facilmente per trascurare, che lo vogliano o meno, le esigenze dei piccoli, che sono invece i soggetti più bisognosi di una presenza forte e fidata che li accompagni nel difficile transito verso una nuova forma di vita ed un nuovo assetto familiare
- investono la maggior parte degli affetti sui figli, di fatto attribuendo loro dei ruoli impropri e arrivando a caricarli di fardelli che non dovrebbero appartenere loro: come se cercassero così un nuovo punto di riferimento, essendo venuto a mancare quello coniugale.
È fondamentale che, dopo la separazione, i figli
- abbiano accesso ad entrambi i genitori,
- possano mantenere (salvo, ovviamente, casi estremi di violenze o simili) un rapporto significativo con il coniuge non collocatario e
- siano rassicurati sul fatto che con la separazione non perderanno né il papà né la mamma. Soprattutto i bambini, infatti, quando assistono all’abbandono della casa coniugale da parte del padre o della madre ragionano più o meno così: “se ho perso te, posso perdere chiunque“.
La separazione, pertanto, dovrebbe essere percepita dal figlio come un cambiamento, ma mai come una perdita. Ciò che in questi casi dovrà accadere è che il genitore collocatario favorisca e non ostacoli la relazione tra i figli e l’altro genitore e che il genitore non collocatario sappia tollerare il dolore che si determina a seguito dell’eventuale rifiuto dei figli.
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Gelosia e possessività
La gelosia è “una risposta emotiva legata al pericolo di perdita e sottrazione del partner, che è connessa a reazioni di angoscia, rabbia e aggressività che hanno la funzione di proteggere la relazione stessa” (Bowlby, 1988).
Si manifesta con gradi diversi di intensità dipendenti dallo stato della relazione fra i due partner. Bisogna fare una distinzione tra gelosia “sana” e gelosia “irrazionale”, in taluni casi patologica:
La gelosia “sana” è quella che avvertiamo quando si profila una minaccia “concreta” alla nostra relazione affettiva, è un sentimento inseparabile dal’amore per il/la partner ed è naturale se presente a livelli accettabili.
La gelosia “irrazionale” si manifesta quando subentra il timore di perdere qualche cosa che si ritiene essenziale per il proprio benessere e si manifesta anche in assenza di un motivo valido.
La gelosia “irrazionale” prende origine da sospetti che non hanno una prova nella realtà e la cui origine è da collocare in uno stato di angoscia che prende forma solo “nella mente” della persona senza avere alcun riscontro nella realtà. Nella mente del geloso patologico si creano continue distorsioni della realtà ed interpretazioni erronee degli eventi, fino ad arrivare a dei veri e propri “deliri di gelosia ” che spesso sono all’origine di fatti di cronaca come i delitti passionali.
Possessività
La gelosia dunque raggiunge forme non controllabili nei soggetti in cui l’insicurezza nel campo affettivo porta alla ricerca del controllo e del possesso del partner (limitando gli spazi della sua vita personale). Probabilmente i soggetti insicuri, maggiormente segnati dalle esperienze di solitudine rispetto ai soggetti sicuri, nel corso di una relazione rimangono in una posizione di allerta che li induce ad “interpretare” i segni di insoddisfazione come inevitabili presagi della conclusione della loro storia (Rusbult, 1993; Gaines, 1994; Jeon, 1994).
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Infedeltà
La mia opinione su questo comportamento è che il tradimento si verifica a causa della rottura del rapporto, piuttosto che essere la causa del guasto. Le persone che si sentono realizzate all’interno di un rapporto, quasi mai guardano al di fuori di esso per appagare se stessi. I tradimenti sono spesso usati come un modo per sfuggire alle difficoltà della relazione attuale, un modo per abbandonare la responsabilità di lavorare sui problemi della coppia.
Se siete vuoti e insoddisfatti del vostro rapporto, forse è perché non state offrendo tutto ciò che potete ! Alla ricerca di conforto altrove, si aggiunge più dolore e sofferenza a quello che era già presente. Se siete voi ad allontanarvi dal partner, avete la responsabilità di non aver affrontato con coraggio gli elementi insoddisfacenti del vostro rapporto.
Le relazioni possono guarire dal dolore devastante del tradimento , ma con il pieno impegno di responsabilità, fondamentale per la guarigione. Bisogna essere disposti a fare tutto il necessario per ricostruire la fiducia che è stata perduta. Molti non hanno il coraggio o il carattere di fare questo. Se lo si fa, si ha la possibilità di creare un rapporto ancora più profondo e significativo. . . “Ciò che non uccide ci rende più forti”.
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Il Risentimento uccide il rapporto di coppia
Il risentimento uccide i rapporti di coppia, è il killer numero uno . Si tratta di un lento veleno, mina il rispetto, l’amore e la fiducia reciproca. E’ fondamentale nel trattamento delle relazioni, scoprire questi risentimenti spesso sconosciuti o inespressi. L’accento non è su come l’altra persona deve cambiare, ma piuttosto su cosa si può fare per cambiare se stessi e portare qualcosa di meglio alla coppia. Non è questione di “colpa di…”, ma di auto-responsabilità.
Quando i risentimenti affiorano rapidamente diminuisce la comunicazione, le aspettative non sono soddisfatte e vecchie ferite (molti delle quali dai primi anni) sono trasportate nel presente. Questo è molto comune nelle coppie ed è fonte di dolore nei matrimoni. I traumi sono esperienze attuali, che assomigliano ai modi in cui siete stati feriti, abbandonati o trattati , derivanti dal passato. Essi spesso non sono coscientemente in contatto con ciò che sta accadendo nel vostro rapporto attuale,ma si manifestano come fantasmi del vostro passato.
Un esempio potrebbe essere quando il vostro partner assume un tono con voi che ricorda quello di un adulto importante della vostra infanzia, che era responsabile de vostro dolore. A volte dobbiamo pensare a lungo e duramente per fare questi collegamenti. Un campanello d’allarme di quando ciò accade è l’assunzione di una reazione esagerata quando ci sentiamo feriti.
I risentimenti spesso rappresentano una conseguenza diretta dell’incapacità di una persona di comunicare i propri bisogni e / o l’incapacità di prendersi la responsabilità di se stessi in primo luogo. I risentimenti portano direttamente alla perdita del rispetto per l’altra persona, la perdita di rispetto porta a problemi sessuali, ai sentimenti più cattivi , alla colpa e all’allontanamento.
Non è affascinante come tutte queste problematiche siano collegate? La verità è che non possiamo mai veramente rispettare noi stessi a meno che non mostriamo il coraggio e la volontà di assumerci la piena responsabilità di ciò che ci appartiene, che non deriva da nessun altro . Una volta che la vecchie ferite sono neutralizzate e che ognuno ha mostrato il coraggio di riconoscere i propri errori, la guarigione diventa possibile.
Per quanto i risentimenti siano veleno per un rapporto, la consapevolezza e il perdono reciproco sono la sua salvezza .
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Sesso e intimità
Il sesso è una delle sfere più comuni di conflitto in molte relazioni e quando non funziona più è il primo sintomo che la relazione non sta funzionando. Escludendo le cause fisiche o mediche, di solito è dentro al rapporto che bisogna rintracciare la causa, per esempio, se le comunicazioni sono diventate ostili , l’ostilità si manifesterà anche sessualmente . Spesso questo è uno dei risultati naturali delle “aspettative non realizzate“.
Delusione cronica e aspettative disilluse possono manifestarsi in una grave perdita di intimità in un rapporto.
Per complicare ulteriormente le cose, come regola generale,le interazioni sessuali hanno un significato diverso per gli uomini e per le donne . Le donne amano sentirsi legate prima emotivamente ad un uomo e solo dopo arriva il rapporto fisico. Per gli uomini, invece, è in primo luogo il sesso il mezzo con cui si sentono legati ad una donna .
Se la vostra vita sessuale ha bisogno di una messa a punto, è probabile che il vostro rapporto abbia bisogno di aiuto.
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Che cos’è l’Amore?
Amore : che cos’è?
La maggior parte delle persone alle quali si domanda cosa sia l’amore, rispondono: un’emozione. Ma che tipo di emozione? Questa concezione, sebbene accettata comunemente, è inesatta. L’emotività è solo una parte di ciò che costituisce l’amore. Tra le altre componenti vi sono gli istinti: segnali che ci avvisano di ciò che accade negli abissi della nostra esistenza , essi appartengono alla sfera biologica, diversamente, le emozioni fanno parte della nostra sfera personale e individuale. La felicità è un’emozione, questa non è altro che una forma di soddisfazione che comunemente gli esseri umani provano quando sono innamorati. Essa indica che ci troviamo in uno stato di armonia con ciò che ci circonda, sia da un punto di vista spirituale, che materiale e umano. Essere innamorati significa essere ancorati all’ormeggio più sicuro, che è l’unione perfetta con un altro essere umano, significa completamento di noi stessi. L’intensità dell’emozione amorosa, detta passione è proporzionata al grado di dedizione e di abbandono. Si può dire che l’amore è tanto più sincero quanto più è irrazionale e incomprensibile. L’amore concede agli amanti una facoltà miracolosa: quella di scoprire nell’oggetto del loro amore le virtù che esso effettivamente possiede, ma che restano invisibile alle altre persone .
L’amore comincia sempre improvvisamente, non è necessario che sia sempre un colpo di fulmine, e anche quando sembra sorgere gradualmente, anche allora il sorgere dell’amore è improvviso. Da un momento all’altro la persona amata è là, improvvisamente diversa da quella che era fino a quel momento. Non è più la persona a cui si è parlato tante volte, ma è la persona che amiamo, l’unica e la sola. Ora, come non mai, non ci conosciamo, ed entriamo incantati nel mondo dell’amore. La passione cede il posto pian piano ad una nuova fase quella del calore costruttivo, la fusione diventa unione di due esseri indipendenti, che smettono di appartenersi , ma questo non è male, al contrario, è sintomo di crescita del rapporto. Nessun essere umano può “possedere” il suo oggetto d’amore, si può possedere il corpo dell’altro nel fuggevole momento di un rapporto fisico, ma ciò che l’amore desidera non è tanto il corpo dell’altro, ma la sua personalità, la sua anima, che è intangibile ed elusiva.
L’amore per sua natura non può essere misurato, quindi non ha senso dire di aver amato una donna più di un’altra. Non si possono amare dello stesso amore persone diverse perché il processo di fusione e il suo risultato dipendono dalle due persone che partecipano alla fusione. Talvolta un grande amore è sprecato per un oggetto che non lo merita, ma ciò è dovuto ad un errore di giudizio dell’amante che sopravvaluta la persona amata. Circostanze esteriori ed interiori, come l’attrazione fisica o altre qualità secondarie che non hanno niente a che fare con l’amore, possono confondere l’amante oppure essere scambiate con l’amore. L’amore non sbaglia, ma l’amante può sbagliare.
L’espressione corporea dell’amore è la sessualità, che si verifica con la fusione dei due amanti. Quando gli amanti si destano dalla completa fusione provata nello stato di estasi, si trovano uno di fronte all’altra come un “io” e un “tu”, in quello stato di tensione che si crea attraverso l’incontro di due individui indipendenti. Questa tensione è alleviata dal rapporto fisico: qui di nuovo la singolarità delle due persone scompare in uno stato di pura unione. L’amore ha bisogno della sessualità per restare in vita .
Una delle domande che più spesso si fanno sull’amore è : se esso sia eterno o sia destinato ad una fine? Tutte le nostre relazioni hanno una durata limitata. Il desiderio sincero e ardente che le nostre relazioni possano sopravvivere e sottrarsi a questa fine è originato dal principio dell’assoluta lealtà che concepisce l’amore come qualcosa che deve durare per sempre. Come già detto, una delle caratteristiche fondamentali dell’amore è l’assoluta indifferenza alle qualità secondarie dell’amato. Ciò vale per il primo stadio, lo stadio dell’incantesimo, in seguito, nel tumulto della vita quotidiana, è difficile mantenere questa superiore indifferenza . Ma vi è un’altra ragione, ancora più importante, che può determinare la fine di un amore. La funzione essenziale dell’amore è quella di rivelarci a noi stessi e di mettere in luce tutte le qualità dei due amanti. Questa funzione creativa dell’amore cessa quando l’energia creativa di uno degli amanti o la capacità dell’altro di prestarsi per la creazione si esauriscono. La causa effettiva della transitorietà dell’amore è che per quanto esso sia vero e sincero non è ancora tutto. L’amore offre le condizioni per una vita insieme, ma difficilmente questo può rimanere quello di una volta, inesorabilmente si trasformerà in qualcosa d’altro, figlio di quell’amore che c’è stato.
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Incomunicabilità
Incomunicabilità
L’incomprensione tra persone adulte, nella maggior parte dei casi , non dipende da incomprensione linguistica, ma dall’egocentrismo dei soggetti. La persona egocentrica non si pone nemmeno il problema se la sua comunicazione può non essere compresa, oppure equivocata. In caso di incomprensione profonda e dichiarata dall’interlocutore, l’egocentrico/egocentrica “attacca”, attribuendo all’altro ogni responsabilità: “sei tu che non capisci niente, capisci solo quello che vuoi tu, non mi ascolti, ascoltami quando parlo, etc.”.
Incomunicabilità:
La comunicazione è una transazione tra individui dove partecipano più persone e non è concepibile attribuire ogni colpa dell’insuccesso ad uno solo dei partecipanti. La persona più equilibrata reagisce meno rigidamente: forse non mi sono spiegato/spiegata bene, non ci siamo intesi, non preoccuparti ne riparliamo.
La persona egocentrica è portata a ritenere che non esistano differenze tra il pensiero degli individui. Tutti devono pensarla come l’egocentrico. Questo “delirio” è amplificato quando la comunicazione riguarda persone vicine all’egocentrico/a: figli, moglie, marito, amante, amico, amica, dipendente, collega, etc.
E’ scontato per l’egocentrico/a che le parole abbiano per tutti lo stesso valore, che il tipo di umorismo sia lo stesso per tutti, che l’inopportunità e l’opportunità siano elementi universali, calibrati solo sul suo angolo di giudizio. Per l’egocentrico le persone devono provare e provano le nostre stesse emozioni, hanno gli stessi obiettivi, speranze, aspirazioni, paure, certezze.
Per questi motivi, la persona egocentrica è destinata a scardinare i propri rapporti ed a rimanere sola. Le persone che interagiscono spesso annuiscono per opportunità, difficilmente condividono il suo pensiero, la comprensione è solo apparente, banale, costruita. Si evita il confronto per rassegnazione riguardo il risultato, non c’è più sordo di chi non vuol sentire.
Il presupposto indispensabile per la comunicazione efficace è la capacità di lasciare l’egocentrismo attraverso l’empatia, l’ascolto dell’altro.
I CONSIGLI PER IL PARTNER. Mollare subito un narcisista? «In effetti, spesso, chi ha un partner del genere è una vittima, che rischia di finire schiacciata dalle pretese narcisistiche dell’altro». «Ma, piuttosto che gettar la croce sul narcisista senza aprire i propri occhi, dovrebbe scoprire come mai tende a esserne succube, capire come sottrarvisi e operare scelte, magari finendo con l’essere grato all’orco narciso. Se crede nella relazione, sono da consigliare le sedute con uno psicoterapeuta, di coppia e individuali, in modo da ritrovare i propri spazi e la propria autonomia. Se ha messo fine alla storia, è d’aiuto una terapia, per riprendere consapevolezza di sé e dei propri desideri».
In generale, ecco alcuni consigli per chi vive con una persona che ha alcuni tratti di narcisismo.
1. Non sperare di cambiarlo.
2. Niente aspettative: non pensare di ricevere gratificazioni per gli sforzi che fai.
3. Per il narcisista la colpa è sempre degli altri: non badare alle sue giustificazioni.
4. Non farti manipolare.
5. Non farti sopraffare da collera o rabbia
6. Non diventare come lui/lei.
7. Cerca di sviluppare una tua indipendenza.
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Dipendenza Affettiva
Dipendenza Affettiva
Articolo tratto da www.benessere.com
L’amore, nelle sue diverse forme di attaccamento e nelle sue manifestazioni più positive e più sane, rappresenta una importante capacità e, al contempo, un naturale e profondo bisogno di ogni essere umano. Talvolta, tuttavia, la frustrazione o l’assenza di esperienze serene di questo sentimento umano, frequenti nell’attuale società ricca di rapporti instabili, possono generare un disconoscimento o una negazione di questo bisogno, che rappresenta invece un importante ingrediente di un sano sviluppo psicofisico e di una buona salute mentale e fisica nella vita adulta. Quando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” o, ancor peggio, “dolorosa ossessione” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico che è in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita di una persona, ponendosi tuttavia come la radice di un costante dolore e alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali.
Mal d’amore, intossicazione d’amore e droga d’amore
Sebbene alcuni autori utilizzino i termini di “mal d’amore”, “intossicazione d’amore” (o “intossicazione psicologica”) e “Mal d’amore” è un termine generico che indica una sofferenza che può essere legata ad uno stato affettivo e di interesse verso un “oggetto d’amore” non disponibile o di cui non si conosce ancora la responsività o, infine, di cui non si conoscono alcune caratteristiche che sono alla base di fiducia, stabilità e serenità della vita affettiva. Di conseguenza è possibile che questo stato di malessere sia temporaneamente normale in seguito alla delusione del rifiuto e quindi alla notizia di una non reciprocità che si pone come una ferita narcisistica e come uno smacco all’autostima, ma esso può essere altrettanto consueto (ma non necessario) nella fase iniziale di una relazione, soprattutto in quella più accesa e più passionale dell’innamoramento, prima che il rapporto si stabilizzi intorno ad alcuni “punti sicuri”.“droga d’amore” tutti come sinonimi della “dipendenza affettiva”, in realtà vanno fatte alcune importanti distinzioni al fine di non patologizzare processi che possono essere transitori e perfino normali in alcune fasi della vita di relazione.
Quando si parla invece di “intossicazione d’amore” si fa riferimento ad una tendenza psicologica e comportamentale che può coincidere con la dipendenza affettiva: una condizione relazionale negativa che è caratterizzata da una assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva e nelle sue manifestazioni all’interno della coppia, che tende a stressare e a creare nei “donatori d’amore a senso unico” malessere psicologico o fisico piuttosto che benessere e serenità. Tale condizione, nella migliore delle ipotesi, potrebbe essere interrotta per ricercare un nuovo stato di serenità. Qualora ciò risulti impossibile si è soliti parlare di “dipendenza affettiva” o anche di “droga d’amore” .
Riconoscere la Love addiction
L’amore che può essere definito una “droga” è uno stato affettivo che in una coppia normale è destinato a portare alla distruzione della relazione. Ma esso si instaura in “coppie disfunzionali”, ossia in contesti relazionali-affettivi in cui in genere uno dei partner mostra segni di dipendenza verso l’altro e in cui si radica una tendenza ad alimentare questa forma di equilibrio paradossale della coppia fondato sul malessere. In alcuni casi la dipendenza è reciproca e ciò genera una costruzione a due del disagio che si radica in modo ancora più forte e che alimenta più facilmente le distorsioni cognitive che fanno pensare che alcuni comportamenti siano normali e dovuti all’altro.
A partire dalla prospettiva di Giddens a questo problema, possono essere distinte tre principali caratteristiche della “love addiction” , che la connotano come una forma di “dipendenza”.
- La prima di esse è il piacere connesso alla droga d’amore , definito anche ebbrezza , ovvero la sensazione di euforia sperimentata in funzione delle reazioni manifestate dal partner rispetto ai propri comportamenti.
- La seconda caratteristica, la tolleranza , definita anche dose , consiste nel bisogno di aumentare la quantità di tempo da trascorrere in compagnia del partner, riducendo sempre di più il tempo autonomo proprio e dell’altro e i contatti con l’esterno della coppia, un comportamento che sembra alimentato dall’assenza della capacità di mantenere una “presenza interiorizzata” e quindi di rassicurarsi attraverso il pensiero dell’altro nella propria vita (Lerner, 1996). L’assenza della persona da cui si dipende porta pertanto ad uno stato di prostrazione e di disperazione che può essere interrotto solo dalla sua presenza tangibile.
- Infine, l’incapacità a controllare il proprio comportamento , connessa alla perdita dell’Io ossia della capacità critica relativa a sé, alla situazione e all’altro, una riduzione di lucidità che crea vergogna e rimorso e che in taluni momenti viene sostituita da una temporanea lucidità, cui segue un senso di prostrante sconfitta e una ricaduta, spesso più profonda che mai, nella dipendenza che fa sentire più imminenti di prima i propri bisogni legati all’altro.
L’amore dipendente , conseguentemente, si mostra con le seguenti caratteristiche:
- è ossessivo e tende a lasciare sempre minori spazi personali;
- è parassitario e basato su continue richieste di assoluta devozione e di rinuncia da parte dell’amato;
Nella dipendenza affettiva esistono 2 elementi distintivi della vita emotiva interiore :
- un bisogno di sicurezza che fa da guida ad ogni comportamento;
- una tendenza a disconoscere e a fare disconoscere all’altro i propri bisogni di ricevere amore , un’attitudine che sembra radicata in un’infanzia in cui ci si è abituati a limitare le proprie aspettative in conseguenza a delle esperienze relazionali precoci inappaganti e frustranti.
Due caratteristiche epidemiologiche importanti della dipendenza affettiva sono:
- l’alta incidenza nella popolazione femminile, al punto da stimare che il fenomeno sia al 99% diffuso in questa fetta della popolazione (Miller, 1994) in molti paesi del mondo;
- la tendenza ad associarsi a disturbi post-traumatici da stress, per cui in genere questa forma di dipendenza si osserva in persone che hanno anche vissuto abusi o maltrattamenti, un aspetto che fa pensare che siano stati tali eventi a far sviluppare forme affettive dipendenti.
Più precisamente, il motivo per cui esiste una grande differenza nella tendenza della dipendenza affettiva a manifestarsi più nelle donne che negli uomini è l’esistenza di un diverso funzionamento psichico tra i due sessi e, in particolare, la presenza di una tendenza degli uomini a reagire diversamente ai traumi subiti rispetto alle donne. Più precisamente, tra gli uomini è più comune la tendenza ad allontanare dalla mente il dolore delle violenze, carenze o prevaricazioni subite attraverso meccanismi di identificazione con l’attore di queste mancanze o aggressioni, un funzionamento che comporta l’assunzione del ruolo precedentemente subito o la manifestazione del bisogno di una “dipendenza”, che non è stata sperimentata positivamente nelle relazioni affettive, attraverso l’abuso di sostanze.
Nelle donne, invece, si tende generalmente a rivivere ciò che si è subito, riproducendo le carenze o le violenze, nel tentativo illusorio di controllarle e di riscattarsi dal passato (Miller D., 1994).
Una delle maggiori studiose di questo tipo di problematica è stata Robin Norwood (1985), conosciuta ad un grande pubblico di lettori proprio per via di diverse opere su questo tema, tra cui la più nota dal titolo “Donne che amano troppo”. Nel suo libro l’autrice sottolinea le caratteristiche familiari, emozionali e le modalità tipiche di pensiero delle donne co-dipendenti.
Tra le peculiarità della storia personale e familiare condivise da chi è coinvolto in un problema di “love addiction” ci sono:
- la provenienza da una famiglia in cui sono stati trascurati, soprattutto nell’età evolutiva, i bisogni emotivi della persona;
- una storia familiare caratterizzata da carenze di affetto autentico che tendono ad essere compensate attraverso una identificazione con il partner, un tentativo di salvare lui/lei che in realtà coincide con un tentativo interiore di salvare se stessi;
- una tendenza a ri-attribuirsi nella propria vita di coppia, più o meno inconsapevolmente, un ruolo simile a quello vissuto con i genitori che si è tentato a lungo di cambiare affettivamente, in modo da poter riprovare a ottenere un cambiamento nelle risposte affettive pressoché inesistenti ricevute nella propria vita;
- l’assenza nell’infanzia della possibilità di sperimentare una sensazione di sicurezza che genera, nel contesto della co-dipendenza, un bisogno di controllare in modo ossessivo la relazione e il partner, che viene nascosto dietro un’apparente tendenza all’aiuto dell’altro.
È importante sottolineare che tutte le persone dipendenti affettivamente possono condividere, realmente o attraverso il proprio vissuto psicologico, tali realtà personali e familiari. Ciò che conta, infatti, è la percezione affettiva e il vissuto emotivo soggettivo conservato nella propria infanzia, anche se qualche volta questo non coincide con la presenza oggettiva di carenze e violenze e quindi con le attenzioni ricordate dai genitori delle persone che manifestano sintomi e conseguenze della dipendenza affettiva.
I pensieri e i vissuti emotivi nella “dipendenza dall’amore” sono principalmente connotati da:
- tendenza a sottovalutare la fatica connessa a ciò che serve ad aiutare la persona amata al punto da raggiungere, senza percepirlo in tempo, livelli elevati di stress psicofisico;
- terrore dell’abbandono che porta a fare cose anche precedentemente impensabili pur di evitare la fine della relazione;
- tendenza ad assumersi abitualmente la responsabilità e le colpe della vita di coppia;
- autostima estremamente bassa e una conseguente convinzione profonda di non meritare la felicità;
- tendenza a nutrirsi di fantasie legate a come potrebbe essere il proprio rapporto di coppia se il partner cambiasse, piuttosto che a basarsi su pensieri legati al rapporto attuale e reale;
- propensione a provare attrazione verso persone con problemi e contemporaneo disinteresse e apatia verso persone gentili, equilibrate, degne di fiducia, che invece suscitano noia.
La Co-dipendenza
Una particolare forma di “dipendenza affettiva” è quella che è stata definita “co-dipendenza” e che è stata inizialmente osservata nei contesti relazionali legati alla vita di coppia di alcolisti o tossicodipendenti. Tale problematica coincide con una condizione multidimensionale che comprende varie forme di sofferenza o annullamento di sé, associati alla focalizzazione delle proprie attenzioni ed energie sui bisogni e comportamenti di un partner dipendente da sostanze o da attività. Il motivo per cui questa forma di dipendenza affettiva è stata inizialmente osservata, paradossalmente non riguardava il benessere di chi ne fosse affetto, bensì l’osservazione della capacità che la co-dipendenza ha di mantenere nello stato patologico quello che viene definito il “paziente designato”, ossia colui che sembra, ma non è, l’unico paziente bisognoso di aiuto in quanto affetto da tossicodipendenza, alcolismo o da altre forme di dipendenza (Norwood R.; 1985).
La co-dipendenza , in realtà, ha in comune con le altre dipendenze affettive quella tendenza a rinunciare a tutti i propri bisogni e desideri, disconoscendoli e negandoli, fino a portare nel partner di alcuni dipendenti, alla strutturazione di un “falso Sé” e quindi di una “falsa vita”, una realtà fatta di scelte che non rispondono ai propri bisogni interiori e che corrisponde ad una condizione denominata “malattia del Sé perduto” (Whitfield, 1997). La conseguenza di tutto ciò spesso è il raggiungimento di una debolezza dell’Io nella persona che manifesta co-dipendenza, un Io che diviene vulnerabile e che sopravvive attraverso la tendenza progressiva a cercare di dimostrare la sua forza e a nutrire l’autostima in modo vicario, cioè attraverso il controllo delle funzioni psichiche del partner dipendente.
Al fine di individuare i tratti distintivi del disturbo co-dipendente di personalità si può fare riferimento ai quattro criteri di Cermak (1986) che possono essere riassunti come segue:
- Tendenza ad investire continuamente la propria autostima nel controllo di sé e degli altri, benché vengano sperimentate conseguenze negative;
- Propensione ad assumersi responsabilità altrui o di situazioni non controllabili, pur di soddisfare i bisogni del partner, fino a disconoscere i propri;
- Presenza di stati d’ansia e mancata percezione dei confini tra sé e l’altro;
- Abituale coinvolgimento in relazioni con persone con disturbi di personalità, dipendenze, disturbi del controllo degli impulsi o co-dipendenti.
È importante completare il quadro sintomatologico della co-dipendenza, sottolineando che alle precedenti caratteristiche possono associarsi alcuni dei seguenti sintomi secondari:
- depressione;
- comportamenti ossessivi e fissazione del pensiero;
- abuso di sostanze o di alimenti (in particolare di dolci);
- abusi fisici o sessuali nella propria storia attuale o passata;
- tendenza a non chiedere aiuto e a non riconoscere per lungo tempo il problema;
- insonnia.
Dalle catene al legame interiore
Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive è certamentel’ammissione di avere un problema. Esistono, infatti dei confini estremamente sottili tra ciò che in una coppia è normale e ciò che, nell’abitudine cronica, diviene dipendenza. La difficoltà nell’individuazione del problema risiede anche nei modelli di amore che, come si è detto, una persona affettivamente dipendente conserva nella propria memoria e che fanno ritenere determinati abusi e sacrifici di sé come “normali” in nome dell’amore.
Spesso, paradossalmente, è la “speranza” che fa sopravvivere il problema e che tende a cronicizzarlo: la speranza in un cambiamento impossibile, soprattutto in un contesto relazionale in cui si sono consolidati, e persino pietrificati, dei ruoli e dei copioni da cui è, più o meno, impossibile uscire. Così, paradossalmente, l’inizio del cambiamento arriva quando si raggiunge il fondo e si sperimenta la disperazione, che rappresenta la possibilità di sotterrare le illusioni che hanno nutrito a lungo il rapporto patologico.
Ci si può avvalere del supporto psicologico individuale, a volte può essere necessaria una psicoterapia, ma ciò che è certamente utile per velocizzare e stabilizzare i miglioramenti è il confronto in gruppo tra persone che vivono lo stesso problema perché ciò consente di prendere un impegno con gli altri, davanti agli altri e di cominciare a riconoscere le distorsioni della realtà, grazie alle somiglianze della propria vita con la vita altrui che consentono di vincere le difese che non permettono di vedere la verità sulla propria storia personale. Gli altri del gruppo diventano importanti specchi e insieme, si possono ritrovare la voglia, le motivazioni e le possibilità per uscire da relazioni tossiche e spesso anche molto pericolose che, in alcuni casi, sono le fondamenta della propria infelicità.
http://www.benessere.com/psicologia/arg00/dipendenza_affettiva.htm Consiglio per maggiori chiarimenti, la visione di questo video: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-c4c87eff-8bb3-4cbd-8e36-3cae6a4b3867.html
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