Fanny Migliaccio Psicoterapeuta Roma

La parola “separazione” apre la riflessione su vari livelli di pensiero:

  • da una parte si sta evidentemente parlando della disunione di due persone che decidono di non stare più insieme, e
  • dall’altra viene implicata la necessità di una ridefinizione di determinati criteri familiari.

Psicologa Roma Fanny Migliaccio

Nel caso ci siano figli minorenni, in particolare, la separazione coniugale comporta modalità di relazioni non più libere, ma (soprattutto per i primi tempi) rigidamente regolate da decisioni prese dagli avvocati e/o emesse da un organo esterno, cioè il Tribunale. Solo con il tempo, e nel caso di ex coniugi in grado di elaborare realmente la loro separazione, questa inflessibilità può essere superata, a tutto vantaggio del rapporto tra genitori e figli.

La separazione è indubbiamente un evento critico e doloroso da affrontare, ma per i figli in tantissimi casi è molto più difficile fare fronte al periodo che precede il trasferimento di uno dei coniugi, caratterizzato da un conflitto distruttivo più o meno esplicito tra i genitori che vivono ancora sotto lo stesso tetto. Spesso gli adulti faticano a comprendere questa situazione, e si sforzano invece di continuare a vivere insieme “per il bene dei bambini”, senza interrogarsi francamente su cosa significhi per i minori questa affermazione. I figli, infatti, vengono spesso inconsapevolmente coinvolti dai genitori nel dirimere i loro conflitti, si auto-investono del ruolo di mediatori, o di messaggeri, o ancora si occupano di questioni che evidentemente non possono riguardarli .

In queste progressive fasi di trasformazione della famiglia, la comunicazione ai figli della decisione di separarsi rappresenta spesso il compito più difficile da affrontare per i genitori.

  • Da una parte, infatti, si trovano emotivamente molto coinvolti dalla delusione per il fallimento del proprio rapporto di coppia,
  • Dall’altra possono provare sensi di colpa nei confronti dei figli, e difendersene evitando di affrontare la faccenda in modo diretto.

Alcuni preferiscono tenere la cosa per sé, non rendendo partecipi i minori, non capendo che la mancanza di comunicazione può essere deleteria per un figlio, che accorgendosi che qualcosa non va, non farà altro che cercare delle spiegazioni logiche utilizzando la propria fantasia, e quindi spesso colpevolizzandosi ingiustamente.

Inoltre, il coinvolgere il figlio come interlocutore evita il rischio che venga utilizzato come “oggetto” da rivendicare all’interno del conflitto, come fosse una sorta di merce di scambio… bisogna però evidenziare come il termine “interlocutore” non significhi rivolgersi al minore come fosse una valvola di sfogo, una persona a cui confidare le proprie sofferenze, magari rovesciandogli anche addosso tutti i presunti difetti dell’altro coniuge. È necessario piuttosto mantenere sempre ben chiaro il pensiero che qualunque cosa succeda tra i coniugi, l’immagine che ha il figlio di ciascuno possa rimanere il più possibile preservata  da attacchi e rivendicazioni.

Il dolore provato da un figlio di fronte alla separazione dei genitori c’è in ogni caso, va affrontato, e non può essere smaltito tanto facilmente: tuttavia, spesso anche per l’incapacità dei genitori di accogliere la sofferenza dei figli – perché troppo concentrati sulla propria -, molti ragazzini imparano in fretta a mascherare le proprie emozioni, di fatto negando la propria sofferenza, allontanandola, e trovandosi a poter avere persino paura di rimanere da soli con se stessi, per non doversi confrontare con l’inevitabile senso di vuoto.

Il grande turbamento emotivo e psicologico dei genitori può portare a due scenari opposti, che rappresentano due estremi:

  • possono arrivare a non avere più a disposizione energie, capacità e desiderio di prendersi cura dei figli, finendo facilmente per trascurare, che lo vogliano o meno, le esigenze dei piccoli, che sono invece i soggetti più bisognosi di una presenza forte e fidata che li accompagni nel difficile transito verso una nuova forma di vita ed un nuovo assetto familiare
  • investono la maggior parte degli affetti sui figli, di fatto attribuendo loro dei ruoli impropri e arrivando a caricarli di fardelli che non dovrebbero appartenere loro: come se cercassero così un nuovo punto di riferimento, essendo venuto a mancare quello coniugale.

È fondamentale che, dopo la separazione, i figli

  • abbiano accesso ad entrambi i genitori,
  • possano mantenere (salvo, ovviamente, casi estremi di violenze o simili) un rapporto significativo con il coniuge non collocatario e
  • siano rassicurati sul fatto che con la separazione non perderanno né il papà né la mamma. Soprattutto i bambini, infatti, quando assistono all’abbandono della casa coniugale da parte del padre o della madre ragionano più o meno così: “se ho perso te, posso perdere chiunque“.

La separazione, pertanto, dovrebbe essere percepita dal figlio come un cambiamento, ma mai come una perdita. Ciò che in questi casi dovrà accadere è che il genitore collocatario favorisca e non ostacoli la relazione tra i figli e l’altro genitore e che il genitore non collocatario sappia tollerare il dolore che si determina a seguito dell’eventuale rifiuto dei figli.

La parola “separazione” apre la riflessione su vari livelli di pensiero:

  • da una parte si sta evidentemente parlando della disunione di due persone che decidono di non stare più insieme, e
  • dall’altra viene implicata la necessità di una ridefinizione di determinati criteri familiari.

Psicologa Roma Fanny Migliaccio

Nel caso ci siano figli minorenni, in particolare, la separazione coniugale comporta modalità di relazioni non più libere, ma (soprattutto per i primi tempi) rigidamente regolate da decisioni prese dagli avvocati e/o emesse da un organo esterno, cioè il Tribunale. Solo con il tempo, e nel caso di ex coniugi in grado di elaborare realmente la loro separazione, questa inflessibilità può essere superata, a tutto vantaggio del rapporto tra genitori e figli.

La separazione è indubbiamente un evento critico e doloroso da affrontare, ma per i figli in tantissimi casi è molto più difficile fare fronte al periodo che precede il trasferimento di uno dei coniugi, caratterizzato da un conflitto distruttivo più o meno esplicito tra i genitori che vivono ancora sotto lo stesso tetto. Spesso gli adulti faticano a comprendere questa situazione, e si sforzano invece di continuare a vivere insieme “per il bene dei bambini”, senza interrogarsi francamente su cosa significhi per i minori questa affermazione. I figli, infatti, vengono spesso inconsapevolmente coinvolti dai genitori nel dirimere i loro conflitti, si auto-investono del ruolo di mediatori, o di messaggeri, o ancora si occupano di questioni che evidentemente non possono riguardarli .

In queste progressive fasi di trasformazione della famiglia, la comunicazione ai figli della decisione di separarsi rappresenta spesso il compito più difficile da affrontare per i genitori.

  • Da una parte, infatti, si trovano emotivamente molto coinvolti dalla delusione per il fallimento del proprio rapporto di coppia,
  • Dall’altra possono provare sensi di colpa nei confronti dei figli, e difendersene evitando di affrontare la faccenda in modo diretto.

Alcuni preferiscono tenere la cosa per sé, non rendendo partecipi i minori, non capendo che la mancanza di comunicazione può essere deleteria per un figlio, che accorgendosi che qualcosa non va, non farà altro che cercare delle spiegazioni logiche utilizzando la propria fantasia, e quindi spesso colpevolizzandosi ingiustamente.

Inoltre, il coinvolgere il figlio come interlocutore evita il rischio che venga utilizzato come “oggetto” da rivendicare all’interno del conflitto, come fosse una sorta di merce di scambio… bisogna però evidenziare come il termine “interlocutore” non significhi rivolgersi al minore come fosse una valvola di sfogo, una persona a cui confidare le proprie sofferenze, magari rovesciandogli anche addosso tutti i presunti difetti dell’altro coniuge. È necessario piuttosto mantenere sempre ben chiaro il pensiero che qualunque cosa succeda tra i coniugi, l’immagine che ha il figlio di ciascuno possa rimanere il più possibile preservata  da attacchi e rivendicazioni.

Il dolore provato da un figlio di fronte alla separazione dei genitori c’è in ogni caso, va affrontato, e non può essere smaltito tanto facilmente: tuttavia, spesso anche per l’incapacità dei genitori di accogliere la sofferenza dei figli – perché troppo concentrati sulla propria -, molti ragazzini imparano in fretta a mascherare le proprie emozioni, di fatto negando la propria sofferenza, allontanandola, e trovandosi a poter avere persino paura di rimanere da soli con se stessi, per non doversi confrontare con l’inevitabile senso di vuoto.

Il grande turbamento emotivo e psicologico dei genitori può portare a due scenari opposti, che rappresentano due estremi:

  • possono arrivare a non avere più a disposizione energie, capacità e desiderio di prendersi cura dei figli, finendo facilmente per trascurare, che lo vogliano o meno, le esigenze dei piccoli, che sono invece i soggetti più bisognosi di una presenza forte e fidata che li accompagni nel difficile transito verso una nuova forma di vita ed un nuovo assetto familiare
  • investono la maggior parte degli affetti sui figli, di fatto attribuendo loro dei ruoli impropri e arrivando a caricarli di fardelli che non dovrebbero appartenere loro: come se cercassero così un nuovo punto di riferimento, essendo venuto a mancare quello coniugale.

È fondamentale che, dopo la separazione, i figli

  • abbiano accesso ad entrambi i genitori,
  • possano mantenere (salvo, ovviamente, casi estremi di violenze o simili) un rapporto significativo con il coniuge non collocatario e
  • siano rassicurati sul fatto che con la separazione non perderanno né il papà né la mamma. Soprattutto i bambini, infatti, quando assistono all’abbandono della casa coniugale da parte del padre o della madre ragionano più o meno così: “se ho perso te, posso perdere chiunque“.

La separazione, pertanto, dovrebbe essere percepita dal figlio come un cambiamento, ma mai come una perdita. Ciò che in questi casi dovrà accadere è che il genitore collocatario favorisca e non ostacoli la relazione tra i figli e l’altro genitore e che il genitore non collocatario sappia tollerare il dolore che si determina a seguito dell’eventuale rifiuto dei figli.

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