Fanny Migliaccio Psicoterapeuta Roma

Dipendenza da facebook

Facebook altro non e’ che un social network, che serve proprio per comunicare e per farsi vedere dagli altri, allo scopo di intraprendere relazioni. Grazie a lui si riescono a trovare nuovi e vecchi amici . Il risultato è un numero di contatti ingestibile psicologicamente, ma accettabile nella logica di Facebook, che è quella di moltiplicare all’ infinito la propria rete di relazioni sociali, attualizzando la teoria dei sei gradi si separazione, un’ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari.

In realtà da un punto di vista psicologico si tratta di una logica più profonda, l’idea che ogni potenziale gratificazione originata dalle relazioni umane – visibilità, ascolto, attenzione, affetto, protezione – dipenda dai numeri più che dalla intimità delle relazioni vissute.  Ovvio per tutti che ognuna di esse necessita di tempo, di attenzione, di scambi continui e significativi per poter parlare di amicizia. E allora se può essere sensato avere 50-60 amici  –  o perfino 150, secondo il numero magico di Dunbar, cioè il presunto limite cognitivo del numero di individui con cui una persona può avere una relazione stabile e significativa – sembra assai complicato gestirne trecento o più.

L´utente medio di Facebook ha 130 amici (amici su Facebook), e gli utenti vi trascorrono complessivamente più di 700 miliardi di minuti al mese. Se questa cifra astronomica è troppo grande da digerire e assimilare, sarà bene far notare che, se divisa in parti uguali fra tutti gli utenti attivi di Facebook, corrisponderebbe a circa 48 minuti al giorno per ciascuno. In alternativa, potrebbe corrispondere a un totale di 16 milioni di persone che trascorrono su Facebook 7 giorni a settimana, 24 ore al giorno.

Una ricerca rivela che tra chi usa il portale,ci siano delle persone che tendenzialmente recitano una parte e nascondono il lato negativo della loro personalita’, cercando di migliorarsi.

Tra gli effetti di questa corsa a costruire network di relazioni, quello che accade è che nella speranza di moltiplicare le occasioni di incontro e di conoscenza si cerca di aderire il più possibile a stereotipi positivi spesso creandosi un’immagine artificiale. Non è il vecchio tentativo  –  prima consentito dall’anonimato in rete – di crearsi un’identità altra per sperimentare e mettere alla prova parti meno conosciute del sé, ma un modo per compiacere chi ci guarda rendendosi più attraenti.

Parecchi degli iscritti usano il portale per comunicare velocemente o per rimanere 24 ore su 24 connessi con gli amici. Questi portali,  possono essere utili e pratici, ma anche danneggiare la psiche e la coscienza proiettando il singolo in un mondo che non c’e’.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Personality and Social Psychology Bullettin.

Quello che si sa un po’ di meno è che Facebook, accanto alle caratteristiche positive di visibilità, congregazione, condivisione, recupero di vecchie conoscenze ed amicizie e nascita di nuove, ha contribuito a creare alcune forme di dipendenza.

In inglese vengono definite “Social Network addiction” e “Friendship addiction” e sono una sorta di dipendenza da connessione, aggiornamento e controllo della propria pagina web e da amicizia (detta anche amicodipendenza), o meglio la ricerca di nuove amicizie virtuali da poter registrare sul proprio profilo.

La dipendenza dai Social Networks sembra essere dovuta al forte senso di sicurezza, di personalità e di socialità (in una società sempre meno connotata dai contatti sociali) che tale forma di siti sono in grado di fornire. Ovviamente si tratta di sicurezze ed autostima fittizie, tuttavia i meccanismi psicologici e neurologici di piacere, soddisfazione, affettività ed autostima, vengono percepiti come reali.

Nei casi più gravi, quando per scelta l’individuo non è connesso o quando la connessione non è possibile, si presentano allora seri sintomi psicologici come ansia, pensieri fissi, depressione, attacchi di panico, paura (ad esempio di non avere più informazioni o collegamenti e di stare o rimanere da soli), problemi di sonno, insicurezza, suscettibilità, etc., così come tutte le conseguenze psicologiche negative tipiche delle dipendenze come ad esempio Craving (il desiderio impulsivo per un qualunque oggetto gratificante), Tolleranza e Astinenza sopra descritti.

Stando agli esperti l’enorme sviluppo di Facebook sarebbe comunque spia di un grosso problema di solitudine.

Questa sorta di banalizzazione dei rapporti umani che scambia la qualità con la quantità è la spia di due fenomeni della “modernità liquida”: il precariato e la solitudine. Stare su Facebook è diventato  un modo per aumentare i propri contatti personali e sperare che a quel moltiplicarsi corrisponda l’aumento esponenziale di occasioni di viaggio, studio e lavoro.

Ogni cosa sui blog e sui vari siti di social network costituisce un grido per richiamare l’attenzione: Guardami!… Ascoltami!… Ridi con me!…

 Perciò Facebook appare come una sorta di Auditel dell’amicizia: non misura la qualità delle relazioni ma la loro quantità, considerandole equivalenti da un punto di vista psicologico.  Senza andare troppo per il sottile si includono sbrigativamente nuovi amici nel proprio network per non essere considerati “antisociali” o per aumentare il proprio presunto potere comunicativo misurato dalla numerosità degli amici. Dimenticando però che sia FB che gli altri SNS (Social Network Sites) sono delle piazze sociali dove i passanti non necessariamente si accorgono di quello che dici.

Questa logica da palcoscenico che sa tanto di esibizionismo e del suo contrario, il voyeurismo, rappresenta la manifestazione compiuta di un naturale e infantile egocentrismo. Appare come un gioco di ruolo virtuale per persone annoiate che hanno tanto tempo a disposizione per tenere costantemente aggiornato il proprio profilo ed esplorare l’uso di nuovi applicativi per pubblicare foto, video e altro .

Consiglio sull’argomento questo video molto interessante:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fef7ff20-ab5c-41f3-a45d-aa1f2ed83e9c.html

zp8497586rq

Dipendenza da facebook

Facebook altro non e’ che un social network, che serve proprio per comunicare e per farsi vedere dagli altri, allo scopo di intraprendere relazioni. Grazie a lui si riescono a trovare nuovi e vecchi amici . Il risultato è un numero di contatti ingestibile psicologicamente, ma accettabile nella logica di Facebook, che è quella di moltiplicare all’ infinito la propria rete di relazioni sociali, attualizzando la teoria dei sei gradi si separazione, un’ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari.

In realtà da un punto di vista psicologico si tratta di una logica più profonda, l’idea che ogni potenziale gratificazione originata dalle relazioni umane – visibilità, ascolto, attenzione, affetto, protezione – dipenda dai numeri più che dalla intimità delle relazioni vissute.  Ovvio per tutti che ognuna di esse necessita di tempo, di attenzione, di scambi continui e significativi per poter parlare di amicizia. E allora se può essere sensato avere 50-60 amici  –  o perfino 150, secondo il numero magico di Dunbar, cioè il presunto limite cognitivo del numero di individui con cui una persona può avere una relazione stabile e significativa – sembra assai complicato gestirne trecento o più.

L´utente medio di Facebook ha 130 amici (amici su Facebook), e gli utenti vi trascorrono complessivamente più di 700 miliardi di minuti al mese. Se questa cifra astronomica è troppo grande da digerire e assimilare, sarà bene far notare che, se divisa in parti uguali fra tutti gli utenti attivi di Facebook, corrisponderebbe a circa 48 minuti al giorno per ciascuno. In alternativa, potrebbe corrispondere a un totale di 16 milioni di persone che trascorrono su Facebook 7 giorni a settimana, 24 ore al giorno.

Una ricerca rivela che tra chi usa il portale,ci siano delle persone che tendenzialmente recitano una parte e nascondono il lato negativo della loro personalita’, cercando di migliorarsi.

Tra gli effetti di questa corsa a costruire network di relazioni, quello che accade è che nella speranza di moltiplicare le occasioni di incontro e di conoscenza si cerca di aderire il più possibile a stereotipi positivi spesso creandosi un’immagine artificiale. Non è il vecchio tentativo  –  prima consentito dall’anonimato in rete – di crearsi un’identità altra per sperimentare e mettere alla prova parti meno conosciute del sé, ma un modo per compiacere chi ci guarda rendendosi più attraenti.

Parecchi degli iscritti usano il portale per comunicare velocemente o per rimanere 24 ore su 24 connessi con gli amici. Questi portali,  possono essere utili e pratici, ma anche danneggiare la psiche e la coscienza proiettando il singolo in un mondo che non c’e’.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Personality and Social Psychology Bullettin.

Quello che si sa un po’ di meno è che Facebook, accanto alle caratteristiche positive di visibilità, congregazione, condivisione, recupero di vecchie conoscenze ed amicizie e nascita di nuove, ha contribuito a creare alcune forme di dipendenza.

In inglese vengono definite “Social Network addiction” e “Friendship addiction” e sono una sorta di dipendenza da connessione, aggiornamento e controllo della propria pagina web e da amicizia (detta anche amicodipendenza), o meglio la ricerca di nuove amicizie virtuali da poter registrare sul proprio profilo.

La dipendenza dai Social Networks sembra essere dovuta al forte senso di sicurezza, di personalità e di socialità (in una società sempre meno connotata dai contatti sociali) che tale forma di siti sono in grado di fornire. Ovviamente si tratta di sicurezze ed autostima fittizie, tuttavia i meccanismi psicologici e neurologici di piacere, soddisfazione, affettività ed autostima, vengono percepiti come reali.

Nei casi più gravi, quando per scelta l’individuo non è connesso o quando la connessione non è possibile, si presentano allora seri sintomi psicologici come ansia, pensieri fissi, depressione, attacchi di panico, paura (ad esempio di non avere più informazioni o collegamenti e di stare o rimanere da soli), problemi di sonno, insicurezza, suscettibilità, etc., così come tutte le conseguenze psicologiche negative tipiche delle dipendenze come ad esempio Craving (il desiderio impulsivo per un qualunque oggetto gratificante), Tolleranza e Astinenza sopra descritti.

Stando agli esperti l’enorme sviluppo di Facebook sarebbe comunque spia di un grosso problema di solitudine.

Questa sorta di banalizzazione dei rapporti umani che scambia la qualità con la quantità è la spia di due fenomeni della “modernità liquida”: il precariato e la solitudine. Stare su Facebook è diventato  un modo per aumentare i propri contatti personali e sperare che a quel moltiplicarsi corrisponda l’aumento esponenziale di occasioni di viaggio, studio e lavoro.

Ogni cosa sui blog e sui vari siti di social network costituisce un grido per richiamare l’attenzione: Guardami!… Ascoltami!… Ridi con me!…

 Perciò Facebook appare come una sorta di Auditel dell’amicizia: non misura la qualità delle relazioni ma la loro quantità, considerandole equivalenti da un punto di vista psicologico.  Senza andare troppo per il sottile si includono sbrigativamente nuovi amici nel proprio network per non essere considerati “antisociali” o per aumentare il proprio presunto potere comunicativo misurato dalla numerosità degli amici. Dimenticando però che sia FB che gli altri SNS (Social Network Sites) sono delle piazze sociali dove i passanti non necessariamente si accorgono di quello che dici.

Questa logica da palcoscenico che sa tanto di esibizionismo e del suo contrario, il voyeurismo, rappresenta la manifestazione compiuta di un naturale e infantile egocentrismo. Appare come un gioco di ruolo virtuale per persone annoiate che hanno tanto tempo a disposizione per tenere costantemente aggiornato il proprio profilo ed esplorare l’uso di nuovi applicativi per pubblicare foto, video e altro .

Consiglio sull’argomento questo video molto interessante:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fef7ff20-ab5c-41f3-a45d-aa1f2ed83e9c.html

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